IL METODO PIZZIGONI

Un modo eccellente di fare scuola attiva

Esiste a Milano una scuola primaria storica con la quale C.R.E.SCO è  orgogliosa di collaborare fin dalla propria nascita, una scuola citata dai manuali di storia della pedagogia e ancora oggi meta di studio di insegnanti e pedagogisti da tutta Europa: la Rinnovata Pizzigoni

C.R.E.SCO sostiene il metodo Pizzigoni.

Per informazioni approfondite, bibliografia, ricerche ed aggiornamenti sul metodo consigliamo una visita al sito dell’Opera Pizzigoni.

Giuseppina Pizzigoni ed il sogno di una scuola rinnovata

“Ed ecco il concorso per entrare nelle scuole del Comune di Milano, devo concorrere. Riesco! Ho la nomina!……. E’ finita!….Sono condannata!” Giuseppina Pizzigoni non intendeva affatto diventare educatrice, ella aveva il sogno di dedicarsi al teatro cosicché la nomina a maestra, nel 1889, viene da lei vissuta, senza mezzi termini, come una condanna alla quale non ha la forza di ribellarsi contro una famiglia che invece è, per questo, in festa.

Il padre di Giuseppina, infatti, era stato insegnante e la madre avrebbe esortato anche le tre sorelle minori di Giuseppina a diventare insegnanti. Ma la forza ribelle di Giuseppina Pizzigoni doveva immediatamente esplodere pur nell’alveo del “rispettabile lavoro” di maestra che si era guadagnata. Fu forse la frustrazione di doversi dedicare a una carriera non voluta che la spinse verso modalità di lavoro “rivoluzionarie” e quindi a sostenere modalità di insegnamento antiautoritarie e non direttive.

Così ella inizia ad insegnare immediatamente con metodi ben poco ortodossi rispetto alle modalità del tempo, introduce il canto e il teatro quali strumenti di insegnamento tanto che la direttrice della scuola cui è inviata la definisce “maestra intelligente ma molto strana”.

La Pizzigoni inizia, dunque, a dedicarsi con estremo impegno all’insegnamento e fin da subito con risultati estremamente lusinghieri: pubblica un sillabario che sarà largamente adottato, riceve attestati e benemerenze dal Ministero, ma ciò non può bastare a questa figura estremamente attiva nelle cui intenzioni c’è il sogno di cambiare la scuola italiana.

La pratica, la voglia di agire, la capacità di non rassegnarsi sono le caratteristiche più evidenti di questa donna che, immergendosi nel clima di riforma scolastica proprio della scuola attiva finalizzato a “realizzare la deweiana rivoluzione copernicana dell’educazione (lo scolaro al centro dell’educazione, anziché il maestro)”, la porta a girare mezza Europa per studiare ed osservare da vicino le nuove e più rivoluzionarie forme di insegnamento.

Eppure la stessa Pizzigoni ritiene di trovare negli esempi osservati all’estero  soltanto spunti ma non soluzioni definitive al problema della scuola: “Stavolta non si copia! La soluzione sarà tutta italiana!” scrive la Pizzigoni reclamando con orgoglio l’originalità del proprio pensiero pedagogico.

Così passa alla teorizzazione del metodo ed inizia instancabilmente ad adoperarsi per trovare insegnanti, studiosi, gente comune dedita ad opere filantropiche che possa aderire al proprio metodo e finanziare  l’apertura di una scuola “rinnovata”.

Nel 1910 col consenso del Comune di Milano la Pizzigoni riesce a  ottenere l’uso di alcuni locali situati alla “Ghisolfa” e con l’apertura di due classi prime nasce la scuola “Rinnovata secondo il metodo sperimentale”.

Immediatamente la scuola si caratterizza per essere la prima in Italia ad adottare alcune appariscenti innovazioni: le classi miste e il tempo scuola prolungato.

I PRESUPPOSTI TEORICI DEL METODO

La scuola fondata dalla Pizzigoni prende il nome di “Scuola Rinnovata secondo il metodo sperimentale”.

L’uso ha poi portato, col tempo, alla semplice denominazione di “Scuola Rinnovata Pizzigoni” tuttavia il riferimento al “metodo sperimentale” era spia di quello che poteva essere considerato uno dei maggiori presupposti culturali del metodo stesso: la Pizzigoni pensava,  infatti, all’introduzione nell’insegnamento del metodo sperimentale di stampo Galileiano che ella definisce patrimonio della cultura italiana in quanto “Leonardo lo concepì e Galileo ne fece la base del sapere, quando fissò che le leggi si ricavano dai fatti…”. La stessa pedagogista cita Bacone il quale aveva indicato quale “ricetta” per l’educazione: “nessun principio astratto; fatti raccolti intuitivamente,  acquistati con l’osservazione e verificati con l’esperienza”.

Si può dunque sostenere che, almeno in parte, il metodo Pizzigoni sia un metodo fortemente influenzato da una visione positivista nel quale assume un ruolo chiave l’educazione scientifica.

A livello teorico, la Pizzigoni cita, fra l’altro, anche Russeau dal quale senz’altro mutua quella necessità di rispetto dei tempi naturali del bambino che la porteranno a teorizzare e a mettere in pratica nella sua scuola la necessità di ritardare l’insegnamento vero e proprio alla seconda classe della scuola elementare poiché in prima “non si insegnerà né a leggere né a scrivere né a cucire. Il primo è un anno di preparazione nel quale i bambini acquisteranno molte idee sulle cose…”.

C’è, comunque, nella Pizzigoni, accanto ad un afflato positivistico, anche la stima dell’importanza delle “attività dello spirito” in quanto finalizzate a ricercare la realtà delle cose attraverso esperienze interiori e personali. Il versante più “idealistico” del pensiero pizzigoniano porta l’educatrice a teorizzare l’importanza, nella formazione dell’individuo, dell’educazione religiosa ed estetica.

Ora, mentre l’importanza dell’educazione religiosa è meno rilevante sull’impostazione del metodo, l’educazione estetica caratterizza pienamente il metodo stesso poiché comporta una particolare attenzione ad attività quali l’educazione artistica e musicale che diventano, per la Pizzigoni, materie di primissima importanza.

La teorizzazione della pluralità docente anche nella scuola primaria

Tale era la rilevanza che la Pizzigoni riteneva dovesse essere attribuita alla musica, all’educazione artistica, all’educazione fisica e alla lingua straniera (la Pizzigoni aveva introdotto fin da subito l’insegnamento del francese), che ella aveva stabilito che la docenza di tale materie sarebbe stata attribuita non ad insegnanti elementari bensì ad insegnanti specialisti.

Tuttavia l’opera di questi insegnanti si sarebbe dovuta esplicare sempre con la compresenza dell’insegnante di classe denominato “maestro titolare”. Il titolare oltre ad insegnare italiano, matematica e le discipline antropologiche avrebbe avuto la responsabilità pedagogica della classe e la sua presenza costante a fianco dei bambini, anche in quelle ore nelle quali la classe veniva gestita dallo specialista, avrebbe comportato quella continuità educativa e quell’attenzione necessaria per l’armonica crescita dei bambini stessi.

I bambini potevano, così, avere nello stesso tempo una figura di riferimento forte da un punto di vista pedagogico e nel contempo avere insegnanti specialiste che avrebbero garantito maggiore qualità all’insegnamento delle loro materie; il tutto in ragione di un necessario superamento della figura del maestro elementare “tuttologo”.

L'importanza dell'ambiente

Per applicare il metodo sperimentale nell’insegnamento occorrono ambiente speciale, tempo largo e mezzi adeguati”.

Elemento essenziale del metodo pizzigoniano è la possibilità di far “vivere” i bambini in un ambiente ad hoc. La scuola che ospita l’insegnamento basato sul metodo Pizzigoni deve essere pensata con alcuni accorgimenti architettonici specifici.

L’attuale scuola Rinnovata Pizzigoni è stata inaugurata nel 1927 ed è stata costruita tenendo conto delle indicazioni della stessa Pizzigoni. Ogni classe avrebbe dovuto avere un annesso spogliatoio, ogni classe sarebbe stata essere provvista di porte-finestre dalle quali i bambini sarebbero potuti uscire velocemente per accedere al giardino.

Per questo, la scuola doveva ospitare tutte le classi al piano terreno.

Questo è un punto assai rilevante poiché la Pizzigoni aveva pensato ad una scuola in cui si facessero tantissime lezioni all’aperto. Anzi aveva pensato che il tempo da trascorrere in classe dovesse essere ben inferiore rispetto a quello da trascorrersi fuori di essa. Dallo statuto della scuola si può infatti leggere “…In generale gli scolari non resteranno nelle classi se non quando la natura delle lezioni lo esige e la stagione o il cattivo tempo impediscono di uscire. (Art.12)”.

Grandissima rilevanza avrebbe dovuto avere il giardino il quale  doveva essere costruito per dare ai bambini motivi di osservazione e di studio. Nel giardino della Rinnovata sono, per questo, ospitati alberi di diverse specie sia da frutto che non, e le aiuole assumono le più disparate forme geometriche poiché avrebbero dovuto essere usate quali strumenti per lo studio della geometria. Il giardino ospita poi una stalla con diversi animali, una serra, e alcuni campi che i bambini imparano a coltivare.

A completamento della struttura della scuola c’è un caseggiato che ospita il dipartimento di agraria ed un altro all’interno del quale è situata la piscina. Recentemente sono stati costruiti un campo da calcetto ed un campo da basket. Ma quando, esponendo le sue linee essenziali, la Pizzigoni parla di ambiente non si riferisce solamente all’ambiente scolastico.

Comunque in proposito è meglio dare voce direttamente alla Pizzigoni: “La scuola nuova che deve dare sperimentalmente le nozioni geografiche e le conoscenze di vita sociale, riterrà suo ambiente le officine del fabbro, del magnano, del falegname, del vetraio, del fornaciaio…; riterrà suo ambiente i prati, le campagne che circondano la città, il treno, il battello a vapore e tutti quei paesi abbastanza vicini che servono mirabilmente al maestro per dare agli scolari il concetto di pianura, di monte, di valle, di torrente, di fiume, di lago, di ponti, di provincia, di regione e della vita varia che vi si vive.” Come si può osservare la Pizzigoni desidera che i bambini osservino direttamente il mondo per imparare e non che acquisiscano sterili nozionismi esclusivamente dai libri. Per sapere, per esempio, cosa sia una valle un bambino deve potere vederla con i propri occhi e cioè averne una esperienza diretta. “Lo scolaro non saprà mai cosa sia una valle, se della valle egli dovrà soltanto rammentare quanto il testo di geografia gli ha detto: “La valle è lo spazio fra due monti o fra due catene di monti…

Il tempo prolungato

La Rinnovata è stata la prima scuola italiana ad adottare il tempo pieno, e ciò fin dalla sua fondazione. Scriveva la Pizzigoni: “A primo giudizio questo orario può far pensare a una costrizione eccessiva per il bambino….ma se si considera che quasi ogni scuola ha sentito il bisogno di crearsi un dopo scuola e se si considera che il ragazzo nella scuola Rinnovata gode di due ore di riposo a mezzogiorno, in cui ha a disposizione una ricca varietà di giocattoli; che nelle ore del pomeriggio egli attende a lavori in giardino, a lezioni di musica, a lezioni di lavoro vario, a esercizi ginnici, a passeggiate, e allorchè si reca a casa la sera egli ha veramente finito la sua giornata di lavoro, perché non ha da pensare né a compiti né a lezioni, si può ritenere che tale orario sia a tutto vantaggio del bambino….”

La Pizzigoni concepisce dunque fin dall’inizio il tempo pieno, ma il suo tempo pieno, così come tutto l’impianto del suo metodo è estremamente rispettoso del bambino: il bambino studia solo a scuola e mai e in nessun caso gli vengono dati compiti a casa (fra l’altro ciò è riportato dall’articolo 10 dello statuto della scuola), a scuola vive all’aperto quanto più gli è possibile e ha momenti amplissimi di pausa in cui ha a disposizione “una ricca varietà di giocattoli”.

Il bambino a scuola svolge una intensissima attività fisica caratterizzata non solo da esercizi ginnici ma anche dal nuoto e da molte passeggiate.

Come si può vedere dunque per la Pizzigoni la scuola non è luogo chiuso ma luogo aperto: il mondo è la scuola, e la scuola stessa deve essere vissuta pienamente dal bambino per lungo periodo di tempo poiché ciò consente anche all’insegnante di lavorare con tranquillità e rispettando i normali tempi di apprendimento del bambino.

Grazie al metodo lo studio, a volte, appare un gioco. Un grande gioco di simulazione della vita reale. Ma è un gioco di simulazione che non avviene sulla carta, cioè in teoria, ma che ha dei chiarissimi risvolti realistici. I bambini, per esempio, coltivano la terra e intanto studiano le piante, poi devono raccogliere i frutti, attribuire ad essi un prezzo, quindi li vendono all’esterno della scuola con una acquisizione diretta dei concetti di spesa, ricavo e guadagno.

Conclusioni

Tali e tante sono le innovazioni pedagogiche apportate in Italia da Giuseppina Pizzigoni che stupisce che solo una scuola, attui, oggi, tale metodo. Anche per questo è importante la preservazione la memoria storica del metodo stesso. Consigliamo a chi fosse interessato di visitare il sito dell’Opera Pizzigoni.

Questo articolo è stato redatto da uno dei fondatori di Cooperativa CRESCO, cultore del metodo Pizzigoni e per diversi anni educatore presso la scuola Rinnovata Pizzigoni di MIlano

“La scuola nuova che deve dare sperimentalmente le nozioni geografiche e le conoscenze di vita sociale, riterrà suo ambiente le officine del fabbro, del magnano, del falegname, del vetraio, del fornaciaio…"

Giuseppina Pizzigoni